Il Cybersquatting potrebbe piegare molte aziende note, come difendersi da subito

Il Cybersquatting è termine poco utilizzato e conosciuto, ma che sarà presto di primaria importanze per le aziende che vogliono continuare a sopravvivere alle grandi e continue innovazioni che l’attuale rivoluzione tecnologica in atto ci offre.

 Il mondo sta cambiando, le nuove tecnologie e abitudini ed esigenze della vita online delle persone stanno rivoluzionando radicalmente le regole del gioco. 

Le aziende, da parte loro, non possono che adeguarsi e cercare di stare al passo per sopravvivere o trovare nuovi angoli di attacco per continuare a prosperare attraverso i repentini cambi di paradigma che il mondo moderno porta nella società e nella vita degli individui.

cybersquatting

Sicuramente qualcuno si è chiesto per quale motivo così tanti nomi di società Web2 sono pensati ​​senza alcune vocali, o con proprio il minimo indispensabile. Per fare qualche pensiamo a Flickr, Tumblr o anche Twitter (originariamente chiamato Twttr).

Per qualcuno si è trattato semplicemente di trovare un nome più facile da registrare. Ma in molte altre situazioni, le startup si sono viste ostacolate dalla pratica decennale del cybersquatting. 

Cos’è il Cybersquatting e perchè le aziende ne sono danneggiate

Il Cybersquatting è quella pratica in cui gli speculatori registrano nomi di dominio contenenti parole semplici o marchi famosi con il sogno di incassare una bella somma vendendo a caro prezzo, un domani, il dominio al titolare effettivo del marchio in questione.

Dopo che il dilagante cybersquatting ha causato non pochi problemi ad alcuni dei più grandi marchi mondiali, nel 1999 i legislatori hanno emanato due atti legislativi progettati per frenare la pratica: l’Anti-Cybersquatting Consumer Protection Act (ACPA) negli Stati Uniti e l’Uniform Domain-Name Dispute dell’ICANN Politica di risoluzione (UDRP). 

L’ACPA mirava a impedire ai cybersquatter di registrare nomi di dominio su Internet contenenti marchi allo scopo di rivenderli ai proprietari dei marchi. Dall’altra parte l’UDRP concedeva ai titolari di marchi il diritto di ingiungere o ottenere il trasferimento di un nome a dominio che utilizza il proprio marchio o potrebbe creare confusione intorno ad esso.

Oggi che siamo passati dal Web2 al Web3, il gioco del cybersquatting rimane a grandi linee lo stesso, ma si sta verificando su ENS anziché su DNS.

Come il tradizionale Domain Name Service (DNS), che collega indirizzi di server numerici apparentemente arbitrari a nomi di facile utilizzo, ora abbiamo The Ethereum Name Service (ENS). ENS è un servizio basato su blockchain che ha recentemente registrato il suo milionesimo utente.

Dal momento che il proprietario di un Wallet crittografico non può ancora inviare o ricevere risorse digitali semplicemente digitando il nome utente o l’indirizzo e-mail di un altro, è pratica comune registrare un nome ENS come i domini .eth o .nft. Fatto questo può reindirizzare persone o transazioni a un indirizzo complesso e decisamente più difficile da ricordare e trasmettere per ricevere transazioni.

Il Cybersquatting ai tempi del Web3

Proprio come abbiamo visto negli anni ’90, gli squatter stanno attivamente divorando nomi di dominio .eth che contengono marchi famosi. Su OpenSea, ad esempio, nike.eth e amazon.eth sono entrambi in vendita a qualsiasi acquirente disposto a sborsare cifre a sei zeri. In generale, le registrazioni di domini .eth stanno aumentando di trimestre in trimestre.

L’emergere dei domini .eth porta però anche qualche piccola incoerenza legale. A differenza del DNS, ENS è un sistema di denominazione aperto e decentralizzato alimentato dalla blockchain di Ethereum. Questo fa sì che i nomi di dominio .eth siano completamente al di fuori della giurisdizione di ICANN. Questo fatto comporta di conseguenza che qualsiasi reclamo UDRP tradizionale probabilmente fallirebbe a causa della mancanza di giurisdizione.

Anche modo le aziende possono porvi rimedio?

In molti si stanno chiedendo cosa deve fare un proprietario di un marchio quando scopre che il suo marchio è stato rivendicato come dominio .eth da qualcun altro, senza però poter contare sull’aiuto di ICANN.

Fondamentalmente ci sono due strategie utili da utilizzare. Ma nessuna delle due potrà in ogni caso risolversi in una consegna forzata del dominio al titolare del marchio come avviene 

La prima cosa da poter tentare per i proprietari dei marchi è quella di inviare avvisi di rimozione ai mercati che vendono i domini .eth in violazione. OpenSea, Rarible e Nifty Gateway sono tutte realtà centralizzate e che quindi hanno potere di intervenire in queste situazioni. Le piattaforme hanno difatti tutte procedure apposite, più o meno efficaci, per affrontare le violazioni della proprietà intellettuale.

Una volta che la segnalazione per la rimozione viene inviato a OpenSea, ad esempio, la piattaforma notificherà al proprietario del dominio che il suo annuncio di vendita è stato rimosso a causa di una richiesta di rimozione. A quel punto quindi non sarà più possibile per il venditore monetizzare in quel modo il suo ENS.

Quel tipo di avviso consentirà inoltre al proprietario del dominio .eth in vendita di contattare in modo diretto il titolare del marchio. A del punto, nella migliore delle ipotesi, si potrebbe generare trattative più ragionevoli poiché il dominio è stato rimosso dall’elenco e il venditore si trova con molte meno occasioni di monetizzare adeguatamente l’investimento fatto. Questo approccio potrebbe portare a un rimedio più semplice e rapido per tutte le parti interessate.

La soluzione migliore, ma non per tutti

L’ACPA d’altro fornisce giurisdizione reale sui nomi di dominio .eth, ma questa si riferisce alla giurisdizione sul bene fisico in sè e non sulla persona accusata di cybersquatting.

Questo strumento può essere quindi utilizzato solamente nel luogo fisico si trova il registrar che ha emesso il nome di dominio. Se queste entità non si trovano negli Stati Uniti per scopi giurisdizionali, tali sforzi purtroppo altro non saranno che una perdita di tempo. In ogni caso, alcuni popolari registrar .eth come Unstoppable Domains si trovano negli Stati Uniti, pertanto non tutte le speranze sono perdute

In caso di successo, il proprietario di un marchio potrebbe addirittura disattivare il dominio in modo permanente. Qualora fosse presente questa possibilità, certo potrebbe essere più efficace della prima opzione. La quale lasciai ogni caso al proprietario del dominio .eth l’opportunità di elencare semplicemente il dominio su un mercato diverso, seppur molto meno popolare e frequentato.

La soluzione migliore però, qui come in molti altri frangenti, è sempre la prevenzione. I proprietari di marchi infatti, in particolare quelli che possiedono marchi famosi, non dovrebbero perdere tempo e giocare d’anticipo sfruttando l’opportunità in rapida diminuzione di proteggere i loro domini .eth. 

D’altro canto, si parla realmente di cifre risibili per togliersi un pensiero che un domani potrebbe causare disastri inimmaginabili. 

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